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dell'incontro col Rosemberg. con cui dopo un'as senza di circa quattro mesi, doveva incontrarsi al palazzo dei Cesari, dove si erano dato appun tamento, acciocché la gioia del rivedersi non fosse turbata dalla presenza di Balbina.

Ella dunque rispose a Penelope: — Adesso lasciami andare. Ne riparleremo. So che cosa vuoi dirmi. — Lei mi sfugge come il fuoco — insistè Pe nelope. — Eppure dovrebbe pensare che aneli' io potrei, un giorno o l'altro, perdere la pazienza. Lei mi deve novecentosessanta lire! Già, novecentosessanta lire. — Penelope ripetè con energia, temendo che la signora intendesse protestare per l'enormità della cifra. Flora non ci pensava neppure, tormentata da un pensiero solo: quello di fuggire via, di cor rere verso Germano che, certamente, l'aspettava già e che anelava di rivedere, avendo la lonta nanza esaltato di nuovo le forze del suo amore. --- Lasciami andare — ella pregò. Quando ti assicuro che ne riparleremo. Penelope disse lentamente, fissando bene gli occhi grifagni sul viso impaziente della signora: — Io ho per lei molta affezione, ma si ricordi che se io andassi a parlare col cavaliere, conse gnandogli la cambiale da lei firmata, lei dovrebbe picchiarsi il petto, recitando il Confiteor — e si ritrasse verso la guardiola per cederle il passo. Ma fu la signora adesso che la trattenne con pa role supplici. Era la terza volta che Penelope minacciava di parlare al cavaliere, e un terrore sempre più cupo s'impadroniva di Flora a tale minaccia. Ella immaginava suo marito venirle incontro