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Usciva esausta da tali crisi, nauseata della realtà, che le si presentava fredda e meschina al confronto delle sue chimere.

I dolci dovevano essere sopraffini per invo gliarla. Le torte manipolate da Anna Maria e che tanto le erano piaciute nei primi tempi del suo matrimonio, la muovevano a schifo.

Voleva i cioccolatini fragranti, chiusi nelle carte multicolori; gli zuccherini che le si scioglievano in bocca, rinfrescandole il palato; i canditi stil lanti miele; le sottili paste a sfoglia docili a sgre tolarsi; la crema uscente candida e leggera dall'involucro zuccherato, simile a fiocco di neve.

I confetti, ripieni di rosolio o massicci di man dorle, erano la sua passione, e ne teneva in serbo una provvista da masticare con voluttà durante le sue letture.

Giorgio gliene scoprì un pacchetto, dissimulato sotto uno strato di nastri, ed ella disse di averli avuti in dono da sua madre.

L'abituale ripugnanza a mentire cedeva sotto la necessità imperiosa della menzogna, che le cir costanze imponevano.

Era necessario mentire per nascondere le sue giornaliere escursioni alla posta; era necessario mentire per ispiegare le visite frequenti di Pene lope, che, all'insaputa di Anna Maria, si faceva re galare dalla signora vino, zucchero, caffè e sapone.

Le provviste diminuivano a vista d'occhio, ed era necessario mentire ancora per sostenere im perterrita che ella non entrava nella dispensa.

Frattanto le duecento lire si dissolvevano ra pidamente e la dissipazione non leniva in Flora il dolore per l'assenza di Germano, e, sopratutto,