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lire subito, per tener fronte a un impegno di onore.

Egli mentiva. Le trecento lire dovevano ser virgli per un viaggetto. Durante le vacanze il giovanotto aveva fatto in famiglia fugaci appari zioni, viaggiando sempre con la scusa di visitare officine e cantieri. Da ogni città scriveva a Flora, chiedendole danaro, che Fioria inviava con la complicità di Anna Maria; ma Renato non si era spinto mai a domandare una somma così rotonda, come quella che invocava nell'ultima lettera con frasi disperate.

Flora si consigliò subito con Anna Maria, la quale sebbene adorasse Renato, non riusciva a venirgli in aiuto in simile occasione.

Di parlarne al cavaliere non bisognava pen sarci neppure. Quand'anche il cavaliere non fosse stato irritatissimo con suo figlio, che giudicava ingrato e dissipatore, non si sarebbe indotto mai a incoraggiare i suoi vizi, offrendogli il mezzo di fomentarli.

Flora non possedeva nulla, ed anche i suoi gioielli erano tenuti sotto chiave dal marito, il quale, da alcuni mesi, vedendo uno strano sper pero di danaro, aveva assunto sopra di sè l'am ministrazione della spesa giornaliera, dando il da naro direttamente ad Anna Maria ed esigendone stretto conto.

Flora aveva dovuto perfino indursi a ricorrere a centomila piccoli sotterfugi per procurarsi il da naro necessario alla sua attiva corrispondenza con Germano, cui scriveva mattina e sera.

Quanto ad Anna Maria, ella possedeva bensì rispettabili economie alla cassa di risparmio, ma il libretto stava nelle mani del cavaliere, e non