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— Che bei dentini! — egli disse a bassa voce,, socchiudendo gli occhi come davanti a uno spet tacolo insostenibile di bellezza.

«Come sei tutta bella! Ricordi le nostre ore di un tempo? Tu non sapevi che io, dopo averti `epuosuj correvo da pazzo per la campagna, chia mandoti ad alta voce e mettendo il viso nell'erba calpestata da' tuoi piedi! Come ti amavo! Certe volte, di notte, sognavo che tu venivi a cercarmi,, riconoscevo il tuo passo, sentivo il tuo respiro, aprivo le braccia per afferrarti, mi svegliavo spa simando e tu non c'eri. Ma adesso sei qui, e ti tengo. Flora! Flora! — ed esaltato dal liquore fervido delle memorie, inebbriato dal contatto di lei, la stringeva al petto affannoso, chiamandola instancabilmente per nome: — Flora! Flora!. Flora mia!

Ella gli si era aggrappata alle braccia con le piccole mani e supplicava con voce spenta:

— Germano, abbi pietà di me! Io mi sento morire!

E la vita pareva fuggirle dai polsi, veramente. Una nube di fuoco 1'avvolgeva, martoriandole la cute con lingue scottanti e rendendole arsa la gola: un rombo sordo le intronava le orecchie e le faceva male al cervello; tutto il corpo era fiamma, dalla radice dei capelli alla punta estrema del piede, e intanto tremava e batteva i denti, perchè le pareva di sentir freddo.

Era uno sconvolgimento del pensiero, un an negamento completo della volontà, un caos di sensazioni discordi, un tumultuar irrompente di tutti i sensi, un oscillar doloroso dei nervi, un irrigidirsi dei muscoli, un'aspettazione ansiosa di qualche mistero formidabile, di cui aveva avuta