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da sè, e allora il cavaliere domandava se è giusto che una padrona di casa abbandoni ogni respon sabilità nelle mani di una estranea.

Ma Anna Maria, dopo venticinque anni di ono rato servizio, non voleva essere chiamata un'estra nea ed alzava la voce per protestare contro l'in giurioso appellativo; il cavaliere tempestava an che lui, finché si calmava immediatamente, ricor dandosi che il dottore gli raccomandava ogni giorno di non riscaldarsi la bile.

Dopo di ciò cominciava per Flora l'ineffabile supplizio del desinare.

Giorgio mangiava a piccoli bocconi, che non finiva mai di masticare, e beveva spesso, a sorsi, indugiandosi a forbirsi le labbra con meticolo sità.

Per ogni pezzettino di carne che si tagliava, aveva cura di guardarlo da ogni verso, tenen dolo sospeso nella forchetta prima di portarselo alla bocca; e mangiava narrando a Flora i pic coli episodi della sua giornata di ufficio. Il capo della divisione lo aveva chiamato per affidargli il disbrigo di una pratica eccezionale; un suo di pendente, un giovinastro da poco entrato in pianta, si permetteva di leggere il giornale, e un giornale sovversivo per giunta, durante le ore di ufficio.

Flora ascoltava silenziosa, annuendo sempre, dandogli ragione sempre, con tale idiota docilità, che Giorgio finiva per arrabbiarsi. Che diamine! desinando si ama discutere, e come si può discu tere con una persona che risponde invariabil mente di sì?

A lungo andare a Flora non bastò più leg gere romanzi; bisognava che ella li rivivesse,