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vidi, impercettibili contrazioni, una sofferenza acuta e deliziosa, uno sdoppiamento di sè, un'affinità inesplicabile fra l'essere proprio e un altro essere che di lei viveva, che ella tiranneggiava e da cui si sentiva tiranneggiata; un altro essere che ella amava, amandosi, che nutriva, nutrendosi, per il quale ogni sua sofferenza diventava sofferenza e nel quale ella sentiva la impressione di ogni suo atto. Bastava che un suono le giungesse inaspet tato all'orecchie, perchè l'essere ignoto fremesse con lei; bastava che un'ombra si adunasse da vanti al suo sguardo, perchè il senso di sgomento che ella provava si riflettesse, facendola tremare con intensità raddoppiata.

Tutto ciò la teneva sospesa perennemente fra una gioia ansiosa e una paura attonita.

Flora conosceva già tutt'i gusti e subiva già tutt'i capricci dell'invisibile despota, come se, in vece di portarlo celato in grembo, le cingesse il collo con le braccia paffutelle. Sapeva che il si gnorino odiava l'odore delle rose, quell'odore.che a lei, in passato, piaceva tanto e di cui era ob bligata adesso a privarsi; si era accorta che il caffè e latte non gli piaceva, e se ne era accorta per i conati da cui era stata presa una mattina al solo avvicinare le labbra alla sua tazza di caffè e latte. In certe ore egli aveva bisogno che Flora rimanesse immobile, semisdraiata; in certe altre non le permetteva di sostare, e si capiva che, di notte, il cattivello non aveva sonno, perchè Flora doveva rivoltarsi per il letto, senza trovare requie.

Ed erano bizzarrie di ogni istante, prepotenze di ogni genere, che si esplicavano in desideri di cibi strani, nell'avidità angosciosa di una primizia, nel disgusto per la forma di certi oggetti, nell'ap-