Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/23


— 23 —

della nuora indegna, invano, dei tre figli degeneri, aveva lanciato il primo in America a cadere in rissa, ignobilmente; aveva fulminato di apoplessia il secondo, vizioso e crapulone, tra il vociare discorde di un’orgia volgare; invano aveva sospinto l’ultimo figlio, or ora, a cercare la morte, per una mala femmina, nelle acque stagnanti del vascone; invano la sventura si era accanita e si accaniva ad avventarsi contro di lui per immergergli nel cuore il rostro vorace. Il vecchio conte non aveva piegato e non voleva piegare; no, a nessun costo voleva piegare.

Nella sua natura irruenta il dolore assumeva sempre l’aspetto della collera ed anche in quel momento egli andava cercando intorno con lo sguardo per vedere contro chi potesse sfogare l’ira che gli ribolliva nel petto. Scorse Flora ginocchioni in terra, vicino al corpo del padre. Ella, con la testa rovesciata, alzava in alto la faccia esangue, dove la cupa fossetta del mento si alzava e scendeva nel convulso giuoco dei muscoli; e mentre la parte posteriore del volto era turbata e scossa dall’irrequieto battere delle mascelle, gli occhi limpidi e ignari, brillavano sotto la fronte, simili a stelle che spandan dal cielo il loro placido raggio sopra lo sconvolgimento di un tremendo cataclisma. La misera fanciulla non gemeva più; solo un rantolo sordo’ le usciva, a tratto, dalla gola.

Il nonno si chinò terribilmente verso di lei, e, afferrandola per un braccio, le gridò con la sua voce tonante di vecchio atleta:

— È stata tua madre; guarda che cosa è stata capace di fare tua madre!

Il dottor Giani si scagliò verso il conte e, al-