Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/215

sando le sillabe di ogni parola, e tenendo attac cato lo sguardo sulla persona della giovanetta, per non lasciarsi sfuggire di lei nè il tremito più lieve, nè la più fugace espressione.

— Mi dica, sia buona, mi dica — e 1' ansia di conoscere, la fatica improba di un simile interro gatorio erano tali, che egli divenne brutale senza volerlo.

— Fra.lei e quel giovane che relazioni sono corse?

Flora, stordita, senza misurare la portata della domanda, non sapendo che cosa rispondere, sol levò gli occhi in volto al cavaliere, per interro garlo tacitamente a sua volta.

Giorgio trasse dal fondo del petto un respiro interminabile di sollievo.

L'espressione di quegli occhi non poteva in gannare e la contessa aveva ragione. Fior di giun chiglia era un agnellino, un vero agnellino d'in nocenza!

— E lei ci pensa ancora a quel giovane? — egli interrogò, ma con altro tono, con tono più libero, più spedito, quasi riconoscente.

Flora esitò molto a rispondere. Finalmente disse:

— Si, ci penso ancora qualche volta; ma come si pensa a una persona morta.

Gualterio fu invaso da un trasporto di gioia. — Ecco, vede, la risposta che lei mi dà è su blime! Lei non se ne accorge, ma lei ha trovato una frase veramente sublime! I morti bisogna la sciarli riposare in pace e lei non pensi più al passato; pensi piuttosto all'avvenire — e le af ferrò le mani, abbandonandogliele subito per paura d'intimorirla.