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dove ciascuno le faceva festa e dove si tratteneva intieri pomeriggi, a prendere il fresco sopra la vasta terrazza piena di fiori.
Giorgio Gualterio, meticoloso, ordinato, tra scorrendo in casa tutte le ore che non dedicava all'ufficio, trovava modo, con uno stipendio di cinquemila lire e la rendita del suo piccolo pa trimonio, di fare annualmente qualche economia, senza lesinare sopra nessuna agiatezza della vita. L'appartamento del quarto piano, che egli occu pava già da dieci anni e dove giurava di voler esalare l'ultimo respiro, non lasciava assolutamente nulla a desiderare in fatto di comodità.
La terrazza, adorna con sagace pazienza di piante rampicanti, difesa contro il sole da un am pio velario, sparsa di sedie rustiche, rallegrata dal cinguettìo di numerosi canarini, costituiva un vero luogo di delizia: così come il salottino da pranzo, tappezzato di chiaro, con due snelle vetrine ricche di cristalli e di porcellane. La stanza di Giorgio poi somigliava a una chiesa. Grande, nitida, silen ziosa, immersa nella penombra, con le cortine leg gere che si gonfiavano, diffondendo intorno una aura di frescura; col letto matrimoniale esalante delicato odore di giaggiolo, coi mobili luccicanti ovunque un raggio di sole battesse, senza un granello di polvere in nessun angolo, senza uno spillo fuori di posto, sembrava perfino disabitata.
La signorina Vianello era diventata l'oggetto di mille piccole gentilezze da parte di Giorgio, di Renato e di Anna Maria; un donnone di mezza età, grassa, bruna, svelta, affaccendata sempre a lustrare, a ripulire, e che si trovava in casa Gual terio da quattordici anni come domestica, dopo essere stata la nutrice di Renato.