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Si, signora contessa — e Camilla richiu deva l'uscio e tornava a ridere nell'anticamera.
Flora soffriva per tutto ciò più di un'anima in pena. Anche alla casa bianca aveva sentito con tinuamente parlare di debiti e di miseria. L'a gente delle tasse era il suo incubo, perchè, nei giorni in cui egli mandava gii avvisi di paga mento, il nonno diventava furibondo, Arrivavano anche spessissimo certi grandi fogli di carta bol lata, portati a mano da un usciere che giungeva da Pesaro e che domandava cortesemente un bic chier di vino per togliersi la polvere dalla gola. Il nonno, invariabilmente, offriva di tirargli una schioppettata nella schiena. Ma era un'altra cosa; era un altro genere di miseria. Anzitutto in cam pagna lo stretto necessario non manca mai. Un fascio di legna da buttare sul fuoco, un pugno di farina da intridere nella madia si trovano sem pre, e poi il nonno rimaneva a testa alta, e Flora si ricordava bene che era l'usciere ad andarsene via con le spalle curve, quasi vergognoso e do lente; mentre li, in via delle Fiamme, 1 creditori insolentivano, e Flora aveva sentito sua madre dire più d'una volta che, se il destino seguitava ad accanirsi, non le rimaneva altro scampo che quello di buttarsi a Tevere, Tali parole, gettate là in un momento di esasperazione, avevano fatto tremare le vene di Flora e l'avevano ossessionata, per alcuni giorni, con l'immagine di una striscia di acqua giallognola, che si snodava pigramente, increspandosi appena alla superficie e gorgogliando intorno ai pilastri di un ponte.
Ma Adriana non era tipo da gettarsi a Tevere. A un tratto, senza capire come la faccenda fosse andata, la signora contessa tornò a galla