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in un cappello, di cui non aveva alcun bisogno e che, dopo due giorni, non le piaceva più af fatto. Con questo metodo gli armadi rigurgita vano di oggetti inutili e le note, non saldate, svo lazzavano un po' per tutto, finché giungevano, a intervalli più o meno lunghi, i periodi acuti di crisi.
Erano quelli giorni trionfali per Penelope, la quale, chiamata in fretta da Camilla, veniva cir cuita di preghiere e di carezze, perchè s'indu cesse a togliere qualche biglietto da cento dal suo libretto postale. Le trattative erano lunghe e minuziose. La signora contessa si obbligava a restituire un tanto per settimana, pagando inte ressi favolosi, di cui ella non si rendeva nem meno conto, nella intricata complicazione del suo debito fluttuante.
Alla fine della prima settimana la signora con tessa trovava più comodo di restituire a mese; alla fine del primo mese si conveniva di resti tuire l'intiera somma a scadenza fissa, e al mo mento della scadenza Adriana dava un acconto, facendosi prestare, dopo alcuni giorni, il doppio dell'acconto restituito.
Ella era dunque sincera, dicendo di non sa pere nemmeno a quanto il suo debito ammon tasse.
— Ecco, a dire il vero, mi ci confondo an ch'io — disse Penelope, crollando il capo con bonarietà. — Cosa vuole? Oggi si dà, domani si ripiglia, passato domani si dà ancora, e via di seguito. Ne viene un tale pasticcio, fra capitale e interessi, che non ci si raccapezzerebbe nep pure uno scrivano. Si figuri io, povera donna, che non so nè leggere, nè scrivere!