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Il vetturino, il portiere, Renato, Camilla, sua madre, l'onorevole, il cavaliere Gualterio, la folla di piazza Navona, si confondevano nella sua mente e assumevano, tutti insieme, 1' aspetto di una tartaruga gigantesca, che muovesse adagio adagio verso di lei per inghiottirla entro il gu scio di quella sua crosta variopinta. Dal guscio deforme facevano capolino ora la testa bionda di sua madre, ora la tonda faccia dell'onorevole, ora il viso scialbo del cavaliere Gualterio che sem brava fissarla con pertinacia e chiamarla a sè col fascino degli occhi sonnolenti.

Il legno del cassettone ebbe uno scricchiolìo acuto, simile allo zirbo di un grillo chiuso entro una gabbietta di vimini, e Flora si destò di so prassalto dalle sue strambe fantasticherie.

No, non era una tartaruga, era semplicemente un grosso ragno che al lume incerto della can dela ondeggiava sulla parete, avanzando, indie treggiando, ora allungandosi in alto verso il sof fitto, ora dilatandosi in basso, vicino al pavi mento! E quel ragno era 1' ombra di sè stessa nei varii movimenti cl]e ella faceva con le braccia per finire di spogliarsi.

Nel togliersi il busto Flora scorse una medagliuzza di argento che teneva appesa al collo, e rimase immobile a contemplarla, quasiché si trat tasse di uno strano oggetto veduto allora per la prima volla.

La medaglia portava da un lato 1' immagine della madonna di Loreto, rigida nella sagoma bizantina, stretto il corpo in una specie di fa sciatura ed eretto il capo faticosamente a sostenere il peso del diadema. Il pargoletto, fasciato anche lui, si teneva come arrampicato sopra il seno materno.