Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/17


— 17 —

il sentiero a precipizio, perchè ella sentì il respiro affannoso di lui avvicinarsele alle spalle, poi sfiorarle quasi la gota, poi precederla e allontanarsi come soffio di bufera, parlava a scatti, con voce strozzata dalla collera e dallo spasimo.

A sommo della collinetta la siepe finiva e Flora, la quale aveva affrettato il passo, si trovò accanto la piccola e tozza persona del dottore Giani, di cui la faccia era congestionata e di cui le corte braccia si agitavano in alto, come per invocare i fulmini del cielo contro la stupidaggine umana.

— Perchè si arrabbia così? — domandò Flora, avvolgendo il dottore nel tremolo sorriso de’ suoi begli occhi limpidi e giocondi; poi con quel vezzo inconsapevole che di lei, giovanetta diciottenne, faceva ancora una bimba viziata e deliziosa, ella proseguì, appoggiandogli una mano sopra la spalla:

Perchè sciupare tanto fiato a dir sempre male del genere umano? A ogni modo il genere umano non si cambia — e poichè il dottore, sconvolto, la guardava in silenzio coll’aria di non comprendere le sue parole, Flora continuò:

— Mi suggerisca invece qualcuna delle sue orribili droghe per far venire un po’ di appetito a papà. Da alcuni giorni vive di aria.

— Il tuo papà? Il tuo papà? — balbettò il dottore, di cui stupore e smarrimento aumenta vano; e mentre Flora, per ripararsi dalla pioggia, che cominciava a cadere fittissima, si tirava sulla testa lo scialletto che le copriva le spalle, il dottor Giani si volse con aria d’interrogazione ansiosa al contadino, il quale aspettava paziente, col viso chiuso e impassibile, col cappotto di rascia verdognola gittato sopra la rozza camicia di