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tivo fra quei due era inevitabile e tanto valeva che avesse luogo subito, mentre Flora vibrava tuttavia per l'indignazione di quanto essa le aveva narrato — Perchè te ne vai, Balbina? Perchè mi lasci sola? — gridò Flora sconvolta, appena potè li berarsi dalle impetuose carezze di Flock; ma Bal bina era già scomparsa, e già il Rosemberg stava a pochi passi da lei, pallido, disfatto, con le vesti fradicie per la pioggia, il fucile a tracolla e i cal zoni inzaccherati fin oltre il ginocchio.
Da cinque giorni il Rosemberg non aveva varcato la soglia della villa, alternando le ore fra crisi di rabbia furiosa, durante le quali mi nacciava di appiccar fuoco alla casa per morirvi dentro abbrustolito, e lunghi periodi di atonia, durante cui restava supino sul letto, con le labbra serrate, le ciglia aggrottate, tutt'i lineamenti con tratti, implacabilmente chiuso in silenzio feroce, senza che le preghiere della nonna riuscissero a scuoterlo dalla sua accigliata immobilità. Il ma trimonio con Balbina appariva fatale, ineluttabile, alla coscienza sua di uomo, intellettualmente li mitato, ma onesto, e il suo dolore iroso veniva raddoppiato dal pensiero che egli solo era stato l'artefice della propria infelicità.
Quella stessa mattina, destandosi da un sonno plumbeo, aveva sentito la disperazione scatenarsi in lui più gagliarda, era uscito come un forsen nato dalla villa, aggirandosi, senza mèta, pei campi, sotto la pioggia.
Per due volte aveva irosamente richiamato Flock che si avviava verso la casa bianca; per due volte si era lasciato cadere seduto tra il fango dei solchi dissodati, non volendo cedere