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A poco a poco riuscì a dominarsi. Le braccia le caddero sciolte lungo la persona e il fremito da cui le membra erano scosse, si concentrò nelle mani, che si agitavano convulsa mente, aggrappandosi alle pieghe della gonna scura. Sollevò il viso e, mentre la fronte serbava intatta la sua bellezza radiosa tra il nimbo dei capelli aurati, le gote livide erano deturpate da due solchi profondi e il naso, affilatissimo, pa reva di cera sotto gli occhi immoti e attoniti, come resi fissi da un pensiero di follìa. Guardò Balbina, per raccapezzarsi, poi si alzò di nuovo faticosamente, le si avvicinò, e posandole sul braccio la mano die tremava, supplicò a bassa voce, con umile dolcezza. — Dimmi che non è vero, Balbina. Guarda come soffro! Anche Balbina si era fatta grave e più pallida. Germano Rosemberg era suo; essa lo aveva con quistato rischiando una posta terribile; eppure Flora le ispirava pietà e sentì un groppo di pianto farle nodo alla gola. Fu dunque a bassa voce anche lei ed esitante che rispose: — Io ti ho detto la verità, Flora. — Germano ti aspettava ogni giorno? — Sì, ogni giorno. — Mentre io ero ammalata? — Sì, mentre tu eri ammalata. — E Germano era innamorato di te? Balbina si coperse di rossore e rispose in modo evasivo: — Dal momento che mi aspettava! — E allora, io? Che cosa ero io per lui? Perchè m'ingannava così? Cosa gli avevo fatto io di male? — balbettava Flòra smarrita — Ma