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gava, le si stringeva ai fianchi ed ella affrettava il passo per non rimanere schiacciata, per trarre finalmente il respiro, quando fosse entrata nella sua stanza, che si figurava ampia e libera, in pa ragone del corridoio interminabile dentro cui le pareva di sentirsi morire asfissiata.
A un certo momento, forse a metà della via maestra, quattro persone le passarono d'accanto. Flora percepì un bisbiglio di voci, ebbe l'impres sione di un gomito che l'urtasse brutalmente, e riconobbe, o credette di riconoscere Balbina, che dava il braccio alla nonna di Germano e che era seguita dai genitori. Ma forse non era la nonna di Germano quella cui Balbina dava il braccio; forse nemmeno era Balbina quella che le aveva urtato il fianco col gomito.
La giovanetta non sapeva bene! Il caos regnava dentro e fuori della sua testa. Il gruppo poteva anche essere formato di quattro contadini reduci dalla messa; poteva anche non essere alcuno, e il bisbigliar delle voci non era forse altro che il rombare sordo del sangue nelle orecchie di Flora! D'altronde che Balbina desse o non desse il braccio alla signora Rosemberg; che Germano tornasse subito o non tornasse mai, ciò poco im portava a Flora per il momento. A lei importava solo di trovarsi nella propria stanza per uscire dalla fosca, opprimente muraglia. Ma la mura glia entrò con lei nella casa bianca, si pro lungò, serpeggiando lungo le scale, forò le pareti della stanza e, quando Flora si abbandonò a se dere sulla sponda del suo letticciuolo, la mura glia le si strinse addosso ancora di più, tantoché la povera fanciulla cedette, rassegnata, alla mal-