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insieme a Flora l'intiero pomeriggio, chiacchie rando con tenero abbandono di quei centomila nonnulla, onde essi decoravano, da artisti fanta siosi, il castello in aria del loro avvenire. Sul punto di separarsi, Germano aveva voluto che la fanciulla baciasse due volte Floc/c tra un occhio e l'altro, acciocché la sera, prima di coricarsi, il giovane potesse ritrovare quei baci sul muso della bestia fedele. Flora aveva acconsentito con fulgido riso di felicità, ed era rimasta alla fine stra per vedere Germano allontanarsi nel viale. Giunto alla strada maestra, Germano aveva spa rato in aria il fucile, come faceva sovente per darle in lontananza l'ultimo saluto, e Flora aveva battuto le mani con gioia infantile, mentre giun gevano a lei l'allegra voce di Germano e i la trati giulivi di Flock.
Da allora il Rosenrberg non si era più fatto vivo. Non una visita, non un'ambasciata, non una lettera. Nulla, assolutamente nulla; il silenzio mi sterioso e snervante, intorno a cui la fantasia in tesse dolorosamente la tela di ragno sottile e vi scida dai mille fili che legano il pensiero, lo attorcigliano, lo tengono sospeso, ottenebrano il bagliore delle memorie e appannano la luce rosea dei sogni; il silenzio terribile, nella cui cerchia tenebrosa l'anima smarrita brancola, ora suppo nendo smisurati i confini della oscura landa e correndo avanti avanti, senza scorgere il più fioco segno di luce, senza udire il più lieve soffio di vita; ora restringendosi in sè, senza osare di muoversi per paura di precipitare nel fondo di un abisso e dar di cozzo in qualche ostacolo irto di punte.
Durante il primo ed il secondo giorno Flora