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quasi nell'attesa angosciosa di qualcheduno che non veniva.
Di solito Germano non mancava mai di do menica alla messa del mezzogiorno, nella chiesa parrocchiale; ed erano poi per i due innamorati argomento d'infiniti discorsi certi minuscoli epi sodi, di cui essi ingigantivano la portata.
Talvolta Germano si arrabbiava perchè Flora, al momento dell'elevazione, non aveva rivolto un pochino il viso dalla sua parte; talvolta era Flora che teneva il broncio a Germano, perchè, a un determinato momento, egli si era distratto e aveva guardato in alto invece di tenere lo sguardo fisso sopra di lei.
Una domenica si erano promessi a vicenda di contare mentalmente, ciascuno per proprio conto, fino a mille, durante la spiegazione dell'Evan gelo, per vedere chi di loro finisse prima. Come segnale del principio e della fine, Germano do veva stropicciare i piedi, e Flora doveva spie gazzare il fazzolettino bianco. Erano poi state ri satine, rimbrotti, ire fugaci, proteste, giuramenti, spiegazioni da non si dire, quando Germano aveva dovuto confessare che non aveva trovato la pa zienza di contare oltre il centinaio.
Ma quella domenica Germano non si era visto, e Flora, a ogni nuova e inutile interrogazione dello sguardo verso la porta, sentiva aumentare il senso di acuta desolazione, che da cinque giorni la stringeva, l'assiderava, le impediva di trovar requie e la sospingeva a vagare per la campagna a guisa di anima condannata ad aggi rarsi disperatamente per luoghi testimoni di qual che antico delitto.
Il martedì precedente Germano aveva trascorso