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profondendosi in cerimonie col forestiero, a cui offerse una seggiola, mentre Vanna si allontanava in fretta, secondando ogni passo con moto lieve del busto e piegandosi appena in avanti come per l'atto di una genuflessione.
— Chi è quella signora? - lo straniero chiese, scrutandosi intorno con occhio incuriosito.
— Quella? - rispose Bindo orgoglioso. - Quella è la signora Vanna Monaldeschi, la vedova di Gentile Monaldeschi, il più nobile signore di Orvieto. Essa mi onora...
Il forestiero lo interruppe vivacemente:
— Come? Come? La storica famiglia dei Monaldeschi esiste ancora nella sua discendenza? - e un'ardente curiosità di erudito gli scintillava negli occhi azzurri, pieni di malizia ingenua, simili a quelli di un bambino.
Bindo si accinse per una dissertazione.
Egli godeva nell'anima che tutti i forestieri studiosi di cose orvietane si rivolgessero a lui, prima di rivolgersi all'archivio comunale, ma voleva procedere con ordine, piccandosi di una meticolosa esattezza.
— Ecco, veramente - egli cominciò, intrecciando le mani dietro il dorso e appoggiandosi al muro - veramente la storica e illustre casata dei Monaldeschi pareva estinta verso il secolo decimosettimo.
— Sicuro, sicuro, conosciamo - disse lo straniero, ponendo una gamba sull'altra, già divertito dall'erudizione che Bindo Ranieri sfoderava con tanta gravità.