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Don Vitale si precipitava fuori della stanza e tornava subito stringendosi il violoncello nelle braccia. E lo scempio cominciava lì, nella saletta stessa da pranzo, dove Vanna, per comodità, aveva fatto trasportare il pianoforte.

Ella, vestita sempre di seta, col suo ricco vezzo di perle intorno al collo, ergendo il busto sottile e morbido sopra lo sgabello di velluto, allungava negli arpeggi le dita inanellate e lasciava vagar lo sguardo, senza bisogno di fissare il foglio, e don Vitale, spiegato un fazzoletto bianco sopra la sottana, impugnava l'arco quasi fosse una zappa e lo passava a strattoni sulle corde, alzando il gomito tutto di un pezzo e marcando forte il tempo sul tappeto con la punta dello scarpone.

Per il caffè, pei liquori, per questa musica indemoniata, per l'andarivieni gioioso dei bimbi, rimaneva nell'aria molta elettricità, quando monsignore e don Vitale se ne erano andati. Bindo Ranieri diventava chiassoso e rendeva stupefatti i bambini con la sua abilità nel fare sparire i fazzoletti.

— Ecco - egli diceva agitando un fazzoletto di colore. - Guardate, eccolo qui, lo tengo in mano. Adesso attenti! Uno, due, tre - soffiava due volte nelle palme e il fazzoletto era sparito.

Ermanno e Serena, ebbri di giubilo, gli s'inerpicavano lungo la persona come scoiattoli, poi si davano a correre intorno alle seggiole, sotto la tavola, e allora Vanna, stordita, si prendeva Ermanno in grembo e gli diceva: