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dall'umidore della tomba, un Gentile che arrivasse ignoto da luoghi ignoti, apportandole il sapore di nuovi baci.

Scese di letto, vinta dall'ansia insostenibile.

Il movimento della giornata, il chiasso, le parole, i volti, il brulichìo della gente, le musiche, il fruscìo delle sue vesti chiare, il riflesso della propria bellezza riprodotta nelle pupille attonite di chi le passava accanto, tutto la turbava in quella sera e le impediva di prender sonno. Dentro l'animo, stagnante da mesi e mesi nell'accidia verdognola di un dolore senza conforto, mille sensazioni nuove erano cadute in quel giorno, simili a pietruzze, e la superficie dell'anima ondeggiava, e dal fondo i ricordi brulicavano, le speranze, ch'ella aveva creduto morte, si snodavano, venivano a galla, facevano ressa impetuose, imperiose, onde Vanna tremava per l'impeto dell'emozione.

Era una fresca notte lunare. Il disco, celato dai tetti, non si vedeva; ma la piazzetta era lucente, rorida, come sommersa dentro le onde cristalline di un lago, e, di sotto l'arcata, pareva che l'acqua di un fiume argenteo scaturisse.

Quanta pace! Quanta dolcezza! Vanna, piegata in avanti sul davanzale, socchiudeva le palpebre per la delizia del marmo freddo al contatto delle piante nude e, quasi in sogno, contemplava le proprie mani simili alle mani di un fantasma bianco nel biancore luminoso della notte lunare.

Da via Luca Signorelli un passante invisibile