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sgargiante di seta a rabeschi e una grossa canna, a pomo d'avorio, ch'egli batteva sopra il selciato, facendo largo tra la folla ai due piccolini, quasi fosse un mazziere incaricato di preannunziare il sopraggiungere delle loro maestà.

Era bello vedere al sole i due bimbi; Ermanno, più alto, col braccio buttato intorno al collo di Serena, la quale camminava ardita, incurante degli urti, dimenando la personcina, spingendo avanti le gambette col moto deciso di un soldatino automatico quando fa, sopra un tavolo, le evoluzioni. Attraversarono così la piazza del Popolo, costeggiando il grandioso palazzo, dove la città ha scritto tante pagine della sua storia, s'inoltrarono, luminosi, per l'ombra fosca delle arcate antiche; vollero fermarsi in piazza Vittorio Emanuele per ammirare sul balcone del Palazzo Municipale gli ombrellini variopinti delle signore disposte in fila davanti alla balaustrata e, poichè uno scampanìo festoso annunziava l'uscita della processione, si dettero a correre verso, il Duomo, tenendosi per mano e lasciandosi indietro Titta, il quale inutilmente allungava il passo per raggiungerli.

— Signorino, signorino - egli invocava con accento supplice - ferma, ferma, attento, ferma - gridava, quasichè chiamasse aiuto, per arrestare nel corso due cavalli sbrigliati e, presso la torre del Moro, Bindo Ranieri, ridendo forte agli urli disperati di Sua Eminenza, si pose nel centro della via, allargò le gambe, allargò le