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presso l'uscio de suo negozietto, dov'ella e il marito facevano commercio di tante cose gentili: immagini sacre, cartoline finissimamente illustrate, fotografie del Duomo, minuscoli vasetti di stile etrusco, figurine in alabastro. Quivi Bindo e Villa Ranieri trascorrevano in contentezza placida e in modesta agiatezza la loro vita, e, poichè non avevano figliuoli, adoravano i bimbi degli altri. Ermanno e Serena erano i due piccoli despoti della loro casa e dei loro cuori.
Domitilla Rosa, presa per mano la nipotina, si avviò al Duomo, di cui già apparivano i robusti fianchi di pietra bianca e nera e di cui la croce splendente fiammeggiava come librata fra cielo e terra, quasi immota nell'aria per virtù di miracolo; ma subito la cuspide centrale, portante la croce, si dispiegò all'occhio a guisa di vela aerea, e poi si videro le due guglie fiorite di ricami marmorei, poi le due cuspidi laterali, poi ancora le altre due guglie ai due punti estremi della facciata, che sotto il bacio della luce viveva tutta nello sfolgorìo degli ori, nel palpito dei musaici, nella varietà delle figurazioni, nelle tonalità innumerevoli dei colori, che si affratellavano e mescevano le loro tinte digradando in perfetta armonia.
Domitilla Rosa abbassò un istante le palpebre e adunò forza per sostenere il bagliore di tanta bellezza; ella strinse la mano di Serena e disse:
— Vedi? Quanti santi, quanti angeli e arcangeli, quanti dottori della legge divina, quanti