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Serena; fammi chiamare Serena — egli implorò, accarezzando la madre per commuoverla.

— Guarda, è già buio — ella rispose. — Tu giuocherai domani. — Poi, rivolgendosi a Domitilla Rosa, che guardava il cielo e non aveva parlato mai, le disse:

— Della vostra nipotina non vi preoccupate affatto voi, Domitilla Rosa. Una bimba di cinque anni va guardata.

Domitilla Rosa, sempre fissando il cielo, rispose piano, con la sua voce opaca, dolcissima:

— Il Signore che me l’ha miracolosamente inviata, pensa lui a difenderla. Tutto il Signore dispone per la nostra salute. Egli, nella sua smisurata bontà, ha fatto morire in America mio fratello e sua moglie, l’eretica straniera, acciocché la bambina mi arrivasse qui e fosse battezzata ed entrasse nel grembo della madre chiesa. Quella creaturina è cosa del Signore, e io prego con tutta l’anima ch’egli la protegga e la vigili.

Domitilla Rosa aveva intrecciate le mani e le ultime sue parole erano solcate come da un soffio leggero di collera, tanto le sembrava irriverente l’orgoglio di sostituire la sorveglianza di lei, meschina, all’onniveggenza del Signore.

E c’era quasi da credere che Domitilla Rosa avesse ragione. La piccola Serena, rimasta all’improvviso orfana di padre e madre in America per un disastro ferroviario, avrebbe potuto smarrirsi, impercettibile granellino di sabbia dentro un oceano, molto più che il padre di lei, fratello di