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Ermanno lo chiamò a gran voce:
— Bindo, Bindo, è in casa tua Serena? Io voglio Serena!
Bindo, largo e basso, vestito di chiaro, portava in capo una berretta a visiera di seta a scacchi. Pareva un viaggiatore disceso in quel punto dalla funicolare e invece da quarant’anni, ossia dal giorno della sua nascita, era vissuto all’ombra del Duomo, tantochè gli orvietani non parlavano del Duomo senza pensare a Bindo Ranieri e non parlavano di Bindo Ranieri senza pensare ai fianchi robusti del Duomo.
Egli si sberrettò due volte, una per monsignore, la seconda per Vanna e rimase coll’acceso faccione alzato, approfittando della sosta per asciugarsi le gote in sudore.
— Dov’è Serena? — Ermanno insistè.
Bindo Ranieri dette in una risata sonora, che lo scosse tutto.
— L’ho vista poco fa; era con mia moglie. Ma pescarla, adesso; quel pezzettino di argento vivo!
— Vammela a cercare; vammela a chiamare — Ermanno disse con la petulanza che gli veniva dalla sua poca età e dalla molta condiscendenza di Bindo Ranieri, che si ripose la berretta ivi testa e agitò in alto le braccia da uomo disperato.
— Cercarla? Chiamarla? E il tempo? Per bastare io solo a queste giornate dovrei farmi in cento. Devo sviluppare tre negative, devo spedire