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nauseato dell'ipocrisia entro le cui pieghe, gli avevano inculcato, ch'era dovere di cristiano ammantarsi.

Vanna, bianca in volto per lo sgomento, teneva le mani intrecciate, abbandonate sul manicotto. Misericordia! Ermanno insultava alle preghiere, Ermanno parlava di agire, di lavorare, di muoversi, alleviare le altrui pene, anzichè provvedere a scongiurare per la propria anima le pene dell'Inferno! Don Vitale aveva ragione di guardare Ermanno di malocchio, d'inveire contro di lui oscuramente, con acerbe parole misteriose. Ahimè il mondo stava per inabissarsi e l'Anticristo si appressava con le sfrenate schiere dei suoi demoni. Ella ammonì severa:

— Bada, figlio mio, tu dici bestemmie.

Ermanno si moderò, smise di camminare e, fermandosi davanti a lei, disse con accento reciso:

— Il capo della famiglia sono io e non voglio che la polvere della nostra casa vada dispersa come la polvere di una stirpe maledetta. Rimani al tuo posto, dal momento che io rimango al mio.

Monsignore entrò nella saletta:

— Perchè alzate la voce, figliuolo?

Ermanno si scusò e chinò la testa per evitare lo sguardo interrogativo di monsignore.

Dal suo ritorno in seminario, egli sfuggiva di incontrarsi da solo col maestro, e intanto lo tacciava fra sè di noncuranza.

Perchè non trovava per lui la parola che illumina e che solleva?