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— Parla, parla - in sè gioioso dell'antitesi fra lo scherno suo interiore e l'ossequio simulato.

— Ho avuto un'idea, figliuolo.

Ermanno rise impensatamente, ond'ella gli domandò:

— Perchè ridi adesso?

— Perchè la tua idea te l'avrà suggerita Palmina.

— Che c'entra Palmina? - disse Vanna, sollevando la veletta nera.

Egli rise di nuovo più brevemente:

— Ho osservato che in questi ultimi tempi, Palmina si prende la fatica di pensare per tuo conto.

Vanna, senza riflettere a malizia, osservò:

— Mi è affezionata, mi è fedele, povera donna.

— Sta bene - Ermanno interruppe. - Dimmi la tua idea.

— Anzi Palmina questa volta mi è contraria - Vanna disse, e di nuovo tossì, nella speranza che Ermanno la interrogasse: ma Ermanno taceva, ed ella riprese:

— Figliuolo, io mi trovo sola e triste.

Egli si voltò con ira verso di lei.

— Ah! ti trovi sola? Perchè non mi hai tenuto con te? Il mio posto era nella mia casa.

La faccia di lei, bellissima e triste, s'illuminò di un dolce riso ironico, come quando, bambino, egli diceva sciocchezze:

— Tenerti con me? Don Ermanno, sei sciocchino. Per la santa carriera da te scelta, io dovevo sacrificarmi e metterti in seminario.