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il suo cranio vuoto, intorno al suo cuore flaccido, nè egli l'avrebbe avvertito, e nemmeno la cosa più umile avrebbe esalato un gemito per lo spegnersi in lui di una forte razza, ardita e illustre nei secoli.
Frattanto Serena volava, Pericle correva e sua madre stava in attesa nella saletta della direzione.
Egli la vide seduta sul piccolo divano e le fece riverenza come di costume, in seminario, al cospetto dei genitori.
— Stai bene? - le domandò.
— No, figliuolo - ella rispose, porgendogli la mano guantata di nero. - Sto male anzi; ho la tosse.
Ermanno prese una seggiola e sedette.
— Allora non dovevi uscire con questo freddo.
Vanna tossì, portandosi alla bocca il manicotto.
— Hai ragione; è un freddo che taglia, ma io avevo bisogno di parlarti.
Ermanno pensò con amarezza di scherno che, quando sua madre aveva bisogno di parlargli, essa lo faceva per esporgli qualche assurdità.
— Parla, parla pure.
— Ho pregato appositamente monsignore di ricevermi qui nella saletta. Staremo più tranquilli.
Ermanno fissava tra gli scacchi della finestra lembi di cielo di un turchino ghiaccio e sentiva la malvagità ringhiargli nel petto. Il sentirsi malvagio gli aumentava livore. Mellifluo ripetè: