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lo seguiva, ed egli, frattanto immobile nella realtà, inceppato dalla sottana violacea, provava stordimento, e, salendo i gradini, col fianco si appoggiava al muro. Non è vero che il tempo non si arresta mai; sopra di lui il tempo avrebbe sospeso il volo a guisa di pipistrello, e dalle ali senza penne i minuti sarebbero piombati, in lento stillicidio scavandogli una piccola buca nel cranio, una piccola buca nel cuore. Bindo Ranieri sarebbe morto in placida vecchiezza; don Vitale sarebbe morto irosamente; le figurine di alabastro, che gli avevano sorriso durante l'infanzia, sarebbero intristite nel fondo di qualche vecchia cassa; le figure della facciata sarebbero apparse sbiadite agli occhi suoi, resi sbiaditi dai veli dell'età, e il buon Maurizio, che in quell'istante suonava le quattro, avrebbe battuto un numero di volte incalcolabile sui fianchi della campana, senza che Ermanno porgesse orecchio agli ammonimenti di lui.

Da te a me, campana fuoro pati.

Tu per gridar ed io per far i fati.

Quali fatti? Quali fatti? Polvere sei, polvere tornerai! Tutto per Ermanno era vano e vacuo, della vacuità incommensurabile che si prolunga oltre la vita. Una successione di punti oscuri, un battere uguale di martello sui chiodi della bara, un risuonar di cantici per le navate del Duomo, un tonfo sordo dentro la terra, e la successione dei punti oscuri sarebbe continuata dentro