Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— Ecco monsignore. Voglio salutarlo.
Monsignore infatti si aggirava cortese fra i visitatori, dispensando qualche parola e raccogliendo ossequio.
— Ho sentito che lei ci lascia, caro professore — egli disse all'Ardenzi, il quale affermò giovialmente:
— Già, vado lontano; vado in Persia a cercare se mi riuscisse di trovar un altro sacerdote della sua pasta.
— Bene; bene — disse monsignore, sorridendo paterno. — Si faccia onore; faccia onore a questo nostro paese, e non si parli del resto — poscia si rivolse a Ermanno per avvertirlo, che la madre lo attendeva nella saletta della direzione.
Pericle Ardenzi uscì, stringendosi al petto la pelliccia, e Ermanno salì al primo piano, dove sua madre lo attendeva.
Ogni gradino gli sembrava faticoso enormemente a superare, e si fermava, appoggiandosi col fianco al muro. In alto, perduta nelle immensità dell'azzurro, Serena volava; in lontananza travolto dalle immensità dello spazio, Pericle Ardenzi correva; nebbiosamente, l'immagine di se stesso camminava alacre, rivestita di un lungo camice bianco, attraverso le corsie di un ospedale. Le file dei letti fuggivano, forme pallide si protendevano verso di lui e imploravano aiuto con gesti dolenti. Tenendo sotto il braccio la busta dei ferri, un assistente lo precedeva; carica di bende e farmachi, una infermiera