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L'ombra si era ammassata nella stanza, nè Ermanno potè vedere che monsignore, agitatissimo in volto, stava per gridargli qualche cosa.

— Vorrei chiedere perdono a mia madre.

— È giusto; andiamo figliuolo.

— Mamma - Ermanno chiamò, scorgendola seduta nella sala a pianterreno e avvolta di tristezza, nell'ora crepuscolare.

Ella si alzò e gli mosse incontro, aprendogli le braccia:

— Oh! Ermanno!

— Perdonami - egli le disse - ho mancato verso di te a' miei doveri di figlio e di cristiano.

Vanna, stringendolo al petto, gli rispose:

— Sì, ti perdono Ermanno, con tutto il cuore - ed egli sentì il pianto di lei bagnargli le gote.

Il perdono di Vanna era sincero, profondo il rammarico di Ermanno, eppure entrambi avvertirono che un lieve soffio gelido alita va nei loro petti e impediva la fusione completa dei loro cuori. Che cosa era accaduto? La madre aveva tremato di vergogna davanti al figlio; il figlio si era alzato giudice davanti alla madre e la confidenza reciproca era caduta, simile al frutto bacato quando piomba dal ramo.

— Signora Vanna, buona sera; a rivederci dunque figliuolo - e monsignore si allontanò frettoloso.

Il sabato delle tempora di settembre, Ermanno Monaldeschi fu ordinato suddiacono.