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egli stimava di più sulla terra e la di cui stima valeva per lui al disopra di ogni tesoro?

— Perchè avete fatto piangere vostra madre, Ermanno?

— Non glielo ha detto ella stessa? - Ermanno domandò, celando la confusione sotto l'apparenza del corruccio.

— No, figliuolo, non mi ha detto niente. Piangeva e si accusava: ecco tutto.

— Di che si accusava? - chiese Ermanno spaventato.

— Del vostro fallo. Così è il cuore delle madri. Esse prendono le colpe dei figli e le riversano sopra di sè.

Ermanno si lasciò cader seduto sulla sponda del letto, e singhiozzi rari, poi più frequenti, gli salirono dai recessi del petto, scuotendogli le spalle.

Il chierico, abituato alla sommessione, alle contrizioni lacrimose sospirate nell'ombra dei confessionali, alla recitazione quotidiana del Confiteor, e a genuflettersi ed annientarsi, riebbe sopravvento in lui, ond'egli mormorò:

— Monsignore, monsignore, quanto sono colpevole, quanto sono infelice!

Monsignore gli sedette accanto e gli prese una mano.

— Non esagerate le vostre colpe, frutto di sangue impetuoso e giovane, e non parlate della vostra infelicità. Offendereste Iddio, che vi ha largito tutt'i suoi doni: salute, ingegno, nobiltà di nome, larghezza di censo.