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— Scusi, monsignore - disse Ermanno, infilandosi in fretta la giacca, scaraventata via poco prima. - Le chiedo scusa di farmi sorprendere così.

— Non vi agitate, figliuolo. La dignità consiste nella compostezza, e tutto invece è scomposto intorno a voi.

Ermanno, umiliato, disse:

— Scendiamo in giardino, monsignore.

— Ho bisogno di parlarvi da solo e con tranquillità. Restiamo quì.

— Allora, se permette, chiamerò un momento qualcuno a riordinare la stanza.

— Non è necessario, figliuolo - e, mentre Ermanno raccoglieva il cappello dal pavimento, monsignore stesso ricollocava a posto una seggiola rovesciata.

— Non avete niente da dirmi, figliuolo mio? - interrogò monsignore con austera dolcezza.

Ermanno lo guardò e non rispose.

— Mi pareva che vostra madre piangesse, quando io sono giunto quì, mandato a chiamare da lei a Settecamini. Sono accorso subito nel timore di una sventura. Voi sapete quanta affezione io vi porti, mio buon Ermanno.

Il giovane accennò vivamente di sì, torcendosi le mani e stringendo i denti.

A quale scopo sua madre gl'infliggeva questo nuovo supplizio? Con quale vantaggio lo metteva in condizione umiliante di fronte all'uomo ch'