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bianca, non aveva un gesto e ascoltava col mento appoggiato sul petto, le palpebre abbassate; ma il professore bébé, nella sua adorazione le prese un lembo dell'ampia manica e glielo baciò.

Vanna ritrasse il braccio, alzandosi; Corrado anche si alzò, agitando l'ombrellino.

Ermanno di corsa arrivò al cancello del giardino e lo spinse con furia.

La ghiaia del viale strideva sotto il precipitare de' suoi passi e Vanna, scorgendolo in tanta ira, diventò pallida, nel presentimento di una catastrofe; ma il professore bébé, inconsapevole, ebbe un sorriso angelico e disse festoso:

— Buongiorno, don Ermanno.

— Buongiorno. Cosa fa lei quì?

Il professore, interdetto, rispose:

— Niente, facevo una visita.

— È inutile; io non sento il bisogno delle sue visite, mia madre anche meno.

Il professore bébé rimase con l'ombrellino brandito in aria e balbettò:

— Si direbbe che lei ha intenzione di offendermi.

— Precisamente; è questa la mia intenzione. Lei mi annoia; le sue visite mi annoiano. La prego di andarsene, la prego di non tornare e se torna io le farò saltare una finestra. È chiaro? Mi ha capito?

Vanna, smorta, appariva senza più sangue nelle vene.