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l'orologio! Sì, a mezzogiorno mancavano pochi minuti.

Chiamò, facendosi sull'uscio.

— Mamma, mamma.

Accorse Palmina, che sguisciò dentro di traverso e girò con volubilità la testa schiacciata di lucertola.

— Ben alzato, don Ermanno.

Essa lo chiamava così per cortigianeria verso la sua padrona.

-Mia madre dov'è?

La faccia grinzosa di Palmina ebbe guizzi di maliziosità contenuta.

— Credo in giardino, don Ermanno.

— Chiamala.

— No, non posso chiamarla, ha visite - e rise involontariamente di una risatina stridula; poi, spaventata, assunse un fare serio e compunto.

Ermanno sentì calore alla fronte e cacciò via Palmina.

— Vattene.

Rimasto solo, scese a pianterreno, e di tra le imposte socchiuse guardò nel giardino.

Sotto la pergola, Vanna sedeva e accanto a lei sedeva il professore Corrado Gigli, vestito di grigio, con le scarpe nuove di bulgaro e una bellissima cravatta color di mare. La paglietta, fasciata di seta azzurra, giaceva sopra un angolo del sedile, e il professore gesticolava animatamente, sollevando e abbassando un grande ombrellino chiaro, mentre Vanna, vaporosa tra nubi di mussolina