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seminario è dominata da lui con pugno ferreo; ma, finito l’anno scolastico, i migliori esami vengono in genere sostenuti dagli alunni, di cui egli più si lagna.

Vanna si dette a ridere con discrezione. Quel terribile don Vitale, con la grossa testa e le grosse scarpe, aveva una così singolare maniera di sgranarle in volto i rotondi occhi minacciosi ch’essa doveva inevitabilmente mostrargli i piccoli denti uguali e nitidi simili a grani di riso.

Il suono di un violoncello, stridente come il cigolìo di una ruota, giunse fino alle loro orecchie, lacerandole.

Vanna indicò con la mano dalla parte di via Luca Signorelli.

— Ecco, don Vitale comincia a suonare.

Monsignore disse con rassegnazione scherzosa:

— Don Vitale comincia a suonare. Preghiamo dunque Iddio che, nella sua infinita bontà, abbia misericordia di noi.

Vanna ascoltò per un istante, portò le mani alle orecchie con terrore e poscia tornò all’argomento che più la interessava:

— Non pare anche a lei, monsignore, che Ermanno apprenda con molta difficoltà?

— È un bimbo che pensa — egli rispose con la sicurezza che gli veniva dalla sua esperienza di educatore. — Ogni parola diventa feconda in quel cervello infantile; ma non bisogna affrettarne il germoglio con le nostre impazienze.