Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/310

con le fiammelle pallide, quando il soffio notturno, entrato per la finestra, volava pigro cercando l'uscio.

Bindo Ranieri, disteso in una vecchia poltrona, dormiva, russando, e un fazzoletto di tela gli copriva la faccia per evitargli le punture delle zanzare; Villa, seduta al capezzale della morta, recitava il rosario con bisbigliare sommesso e ogni poco la corona le cadeva in grembo, la testa le si piegava. Essa allora, scuotendo il sonno, spruzzava di aceto aromatico la stanza e si avanzava sull'uscio per vedere che cosa facesse Serena, la quale era nel portico, affacciata al muricciuolo, coi gomiti puntati sulla dura pietra, la testa riccioluta sorretta dalle mani. Villa guardava per un attimo la tonda luna con occhio indifferente e, credendo che Serena dormisse, riprendeva il suo posto e il bisbiglio delle sue orazioni.

Ermanno, a tarda notte, venne per dare il cambio ai Ranieri e vegliare anche lui quella povera Domitilla Rosa, ch'egli si era abituato a vedere quasi ogni giorno dall'epoca del primo discernimento e che adesso la terra avrebbe inghiottita; la terra che ci sostiene, ci nutre, ci divora, che noi chiamiamo nostra madre e che si preoccupa degli umani, sciami fuggenti e incalzantisi, come delle formiche in fila nera sbucanti dal tronco di un albero annoso per immergersi nella screpolatura di una muraglia crollante. Povera Domitilla Rosa! Egli l'aveva conosciuta sempre