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consigliò di essere ubbidiente, di farsi vestire e tornare sopra il balcone a prendere il fresco.
Entrambi accompagnarono il bimbo, mentre egli si allontanava, con occhio di tenerezza.
— Quel bambino è l’emblema dell’innocenza — monsignore disse — ha l’anima tersa più del cristallo e ciò dev’essere per lei di somma consolazione.
Vanna intrecciò le mani con fervore.
— Oh! Sa Iddio quanto Ermanno mi è caro e di quanto conforto! Eppure spesso io tremo. Cosa avverrà di lui? Chi potrà guidarlo fra i pericoli della vita, quando il mio cuore non gli basterà più? Sono io stessa inesperta e debole.
— Iddio veglia, Iddio vede e provvede — il sacerdote disse con solennità mitigata da squisito garbo signorile, discendendo egli da nobile e antica famiglia senese.
— Mi basterebbe che Ermanno somigliasse al mio povero Gentile. Non vorrei di più.
— Il buon albero dà buoni frutti, signora, e noi penseremo ad avviare il giovanetto sulle vie del bene.
Vanna sorrise e poi disse crollando il capo:
— Don Vitale ieri si è lamentato. Ermanno non sapeva la sua lezione di latino.
Monsignore sorrise anche lui di un sorriso lievemente irrisorio.
— Non dia eccessivo peso ai lamenti di don Vitale. Ottimo sacerdote, zelante maestro; ma non troppo perspicace. La classe ch’egli tiene in