Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/309

— Troppa luce! Quanta bellezza! - e gli occhi aperti si erano fissati attoniti, senza più sguardo, come resi vitrei per l'eccesso dei fulgori.

Serena, che le stava accanto, tenendole una mano, sentì le dita diventare fredde, poi rigide e si chinò a mirarla. Capì, ebbe una paura folle, e si mise a correre, uscendo all'aperto con rauchi gridi.

Bindo Ranieri ed Ermanno passeggiavano pel prato a passi lenti e si precipitarono verso di lei, che guardava con orrore la campagna, spaventata nel vedere che non la foglia di un albero aveva cessato di ondeggiare ai sospiri dell'aria. Aprì la bocca per imprecare all'indifferenza delle cose, ma invece chiamò a gran voce zia Domirò e cadde svenuta sull'erba.

La notte seguente, a mezzanotte, i galli cantavano, rispondendosi dai casolari lontani, ed i loro squilli si prolungavano, Chicchirichì! Il suono, simile a una sonora stella filante che solcasse il silenzio, echeggiava interminabilmente e poi languiva. C'era allora negli alberi come una breve sospensione di attesa, finchè un altro chicchirichì filava attraverso la campagna bianchissima nel chiarore lunare.

Dentro la stanza Domitilla Rosa giaceva composta nel suo letto di morte, con le mani incrociate sul petto e il crocifisso d'avorio in mezzo alle mani. I capelli disciolti le ombreggiavano il viso e due ceri ardevano stanchi, palpitanti appena