Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
— Non fugga, monna Vanna - Fritz Langen le disse, volgendosi - non fugga e si rimetta a sedere - e la povera monna Vanna non fuggì, tornò anzi a sedersi docilmente.
Bindo Ranieri asseriva di non trovare parole per felicitarsi della superba improvvisata fatta agli amici dal signor professore, e di parole invece ne trovava tante che Vanna lo contemplava in una vera estasi di riconoscenza.
Oh! il bravo e caro uomo! Come sapeva bene parlare, dicendo cose inutili, e come nella sua ingenua bonarietà riusciva a trasfonderle pace con la placida espressione del volto, la placante schiettezza della sua gioia comunicativa.
Il signor professore interrogava; Bindo Ranieri prolissamente rispondeva.
— Zia Domitilla Rosa? Andava agonizzando un pochino a ogni ora e sarebbe dileguata uno di quei giorni come la eco di un suono. Madamigella Pfefferkorn? Una perla, una vera donnettina. Si credeva che nel cervello avesse aria, mentre le idee, poche o molte, vi stavano allineate in bell'ordine e nessuno al mondo sarebbe capace di rimuoverle. Don Vitale? Era meglio non parlarne troppo. Sacerdote esemplarissimo; ma di uno zelo cieco, rabbioso. Monsignore? Il ragguardevole personaggio era decoro del venerabile seminario orvietano, era lustro del clero cittadino. Forse alla sede vescovile si pensava di lui che... Ma qui Bindo Ranieri cambiò rotta con disinvolta rapidità. La sede vescovile era uno