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l'apparizione di Ermanno con gioviale disinvoltura.

— Salute, o Ermanno Monaldeschi, magnifico signore di Orvieto! È lecito di farle riverenza?

Il magnifico signore non parve disposto a largire onori eccessivi all'ospite straniero.

— Il professore Fritz Langen, se non isbaglio?

— No, vossignoria non può mai sbagliare e io sono il professore Fritz Langen, domiciliato a Colonia, in viaggio con biglietto circolare nella patria di Dante.

— Si accomodi - ed anche Ermanno prese posto, dopo avere gettato alla madre una involontaria occhiata scrutatrice.

La prima interrogazione di Ermanno fu poco gentile, e mostrò limpidamente in quale stato di animo il giovane si trovasse.

— Riparte oggi stesso lei, signor professore?

— Prego! Prego! Ripartirò subito. Ho compreso Orvieto fra le mie tappe per rivedere lei, la sua mamma, la facciata del Duomo e l'illustrissimo Bindo Ranieri. Avrei desiderato salutare anche il vecchio Titta; ma egli ha voluto morire e io non ho il tempo di andare a piangere sulla sua tomba. M'incontrerò con lui nella valle di Giosafatte e lo riconoscerò dal suo cappello.

Ermanno diventò più incoraggiante e si stabilì una conversazione generica, di cui Fritz Langen faceva quasi per intiero le spese, giacchè Ermanno parlava poco e monna Vanna non parlava affatto, immobile nel mezzo del divano, bianca più della