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Ella si divincolò disperatamente, balzò in piedi e corse a rifugiarsi nel vano di una finestra.
Fritz Langen si passò le dita fra i capelli, si arricciò i baffi e, più calmo, le si avvicinò.
— Sta bene, sta bene; come lei vuole, monna Vanna. Riparto fra poco. Vengo da Firenze e vado a Roma, fra una settimana debbo trovarmi a Lucerna, dove passerò il resto delle vacanze con la famiglia. Non mi tenga il broncio, monna Vanna. Lei è regina nel mio ricordo. Lei è il simbolo della mia giovinezza.
Vanna, piangendo, si nascose il volto fra le mani. Dio mio, Dio mio! quando avrebbe ella trovato pace? Perchè la tentazione era sempre più forte della volontà? Se Fritz Langen avesse voluto, ella sapeva che, a malgrado di pudori e terrori, gli si sarebbe abbandonata esultante nelle braccia. Dio mio! Dio mio! Che cosa triste! Fritz Langen le prese con tenerezza il bianco viso nelle palme e, dopo avere scrutato coll'occhio all'intorno, la baciò sulle palpebre adagio adagio.
Vanna, affannosa, gli offerse le labbra, e stavano per baciarsi forsennatamente, quand'essa lo respinse con folle impeto, rientrò nella stanza, si lasciò cader seduta sopra il divano e gli disse in preda all'orgasmo:
— Ermanno, viene Ermanno! Per carità gli vada incontro.
Fritz Langen, sconvolto anche lui, guardò verso l'ingresso, ma fu rapidissimo a ricomporsi ed accolse