Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
Non si muova, monna Vanna. Lei così mi pare Ebe, dea dell'eterna giovinezza.
— Il signor professore Fritz Langen? - ella interrogò smarrita, entrando in fretta nel salotto per deporre la tazza e trovare il tempo di ricomporsi.
Egli le tenne dietro, buttò il cappello sopra una seggiola e si asciugò la fronte.
— Come? Lei mi chiede le mie generalità? Ah! monna Vanna, lei avrebbe dato per caso, un tuffo nel fiume Lete?
Vanna lo invitò a sedere, gli sedette al fianco e lasciò cadersi scoraggita le mani in grembo. Cosa dirgli, Dio mio, cosa dirgli? Non trovava il coraggio di parlare, nè di guardarlo in viso, mentre egli invece parlava abbondantemente, e l'ammirava con soddisfazione.
— Prego! Prego! Le figure dipinte sopra la facciata del Duomo mi sembrano più invecchiate di lei. Dodici anni; si ricorda? Sono dodici anni!
— Già, dodici anni e quasi un mese - ella disse, macchinalmente, rivedendosi in visione fugace sulla piazza del Duomo quando Bindo Ranieri le aveva annunziato la partenza del professore. Dio mio! Dio mio! E adesso tornava! I morti tornano dunque?
Ma Fritz Langen non era morto, nè vagheggiava di morire. Svelto, a quarant'anni, per l'esercizio razionale della bicicletta, vestito di tela bianca, allegro, disinvolto, contentissimo di sè e della vita, egli rideva di gioia, fissando Vanna,