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rabbuiarsi; ma poi si è rimesso al buono. Avremo davvero per la festa di domani una giornata magnifica — e, parlando, aspirava il grato odore d’incenso e di cera, esalante dall’abito accuratissimo del sacerdote.

Non avevano troppe idee da comunicarsi, vedendosi almeno due o tre volte alla settimana; onde tacquero a lungo, monsignore assorto forse nelle sue varie preoccupazioni di rettore del Seminario; Vanna intenta, a capo chino, a guardare le mani prone e bianche di lui, spiccanti sul nero della veste talare.

Ella ripensava ai desolati pomeriggi quando, nei tempi primissimi della vedovanza, il dolore la rendeva quasi ribelle ai decreti divini.

Monsignore le parlava allora interminabilmente, e le parole soavi di pietà, temperate di ammonimenti austeri, cadevano benefiche sul cuore di Vanna e ne stemperavano lo smalto, aprendo il varco alle lacrime. Talvolta ella non seguiva il filo del ragionamento; ma quella fresca loquela senese le gorgogliava canora dentro le orecchie a guisa di sorgente montana, e lo spasimo diventava in lei meno acerbo, una iride di speranza s’inarcava, sia pure velata, sulla tenebra de’ suoi pensieri.

Un giorno egli l’aveva redarguita con acerbità per una frase amara all’indirizzo della Provvidenza, e Vanna si era sentita all’improvviso felice e pavida, annientata di terrore per la minaccia dei castighi celesti e, in pari tempo, avvam-