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rimanere sottomessi, e intanto l'idea, corrente sotterranea che s'infiltra, consuma di nascosto le pietre, e le scalza con secreto lavorio instancabile, lambiva i muri della patristica, ed i muri crollavano, mentre appunto i chierici più intelligenti si esaltavano nell'illusione di aver piantato sopra la cime di essi il vessillo della loro fede.
Ermanno difficilmente interloquiva, ostinato nel rifuggire da qualsiasi indagine, valendosi anzi dell'intelletto, esercitato alla ginnastica dei sillogismi scolastici, per frapporre sempre nuovi ostacoli tra la fede e il libero pensiero. Perchè dunque, nel benessere della convalescenza, egli si turbava adesso? Perchè di tante rovine era seminata la sua mente e perchè sulle rovine una vegetazione rigogliosa andava fiorendo? Era bene? Era male? Bisognava estirpare le nuove piante o lasciare ch'esse acquistassero vigore? Ermanno non sapeva decidere, troppo stanco, inabile tuttavia all'esercizio della volontà.
Da circa dieci settimane egli rimaneva immobilizzato, e il vigore tornava con progresso lento, reso anche più tardo pei calori eccessivi del giugno che finiva. Il medico impose che Ermanno si recasse in campagna con la famiglia almeno fino tutto il settembre, e mantenne fermi i suoi ordini, quantunque il vescovo si mostrasse apertamente ostile all'idea di far uscire di seminario per tre mesi il giovane Monaldeschi. Dovè cedere peraltro, perchè i regolamenti prevedono il caso in