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a morire, il pingue patrimonio di lui andasse diviso fra quei commercianti orvietani i quali avevano sostenuto recenti spese per il decoro della città; e frattanto il vescovo, coltivando forse speranze della stessa indole per il decoro della sua diocesi, andava soventi volte a recare di persona all'infermo l'episcopale benedizione.
Tre quindicine trascorsero così, e intorno al letto di Ermanno il sorgere e il tramontare del sole, il velo scherzoso dell'aurora e il bruno velo della notte incalzante, sparivano, ricomparivano, senza che l'ammalato discernesse l'alternarsi di tali vicende, poichè le ore, in piccoli flutti uniformi, si frangevano per lui senza rumore nè spuma, si ammassavano, si riassorbivano in sè, e l'infermo galleggiava, si abbandonava inerte, toccando i limiti dell'abisso, ove il tempo si perde e l'infinito s'inizia. Spesso, ed egli aveva allora l'impressione che una freccia d'oro gli ferisse di tra le cortine le pupille dolenti, percepiva un fruscio come di fronde agitate e un gemere sommesso di singhiozzi.
— Mamma - egli diceva con voce stentata, e la risposta arrivava come di sotto alle acque di un fiume.
— O figliuolo, Ermanno mio, guarisci, guarisci.
— Mamma - egli ripeteva, ed i piccoli flutti uniformi lo sollevavano, lo sommergevano lentissimamente, ed egli non diceva più nulla, non udiva più nulla.