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in avanti; il professore Corrado Gigli, due gradini più in basso, sollevava il capo e la guardava; essa pareva sopra un altare e il professore pareva che le stesse ai piedi in atto di adorazione.
La camerata dei seminaristi grandi passò, il professore si tolse il cappello; Vanna si girò e, scorgendo il figliuolo, s'imporporò in viso di rossore.
— Pei riflessi dell'ombrellino - pensava Ermanno - e intanto dai ricordi della infanzia un'altra figura maschile sorgeva, di un altro professore venuto di lontano, e sua madre si faceva riparare anche allora da un ombrellino rosso e anche allora l'ombrellino le inondava il viso di riflessi porpurei.
L'indomani, giorno di Pasqua, non volle recarsi a pranzo in famiglia e, nel refettorio, l'odore sostanzioso del brodo gli provocò un conato di nausea; si alzò in fretta per ritirarsi; ma le tavole del refettorio danzarono, le facce dei compagni oscillarono ed egli cadde svenuto nelle braccia del prefetto.
La malattia non si affacciava con troppa minaccia: una tonsillite accompagnata da febbre; una settimana d'infermeria e pochi giorni di convalescenza. Questo il medico diagnocizzava; ma Vanna era disperata, non trovava requie, mandava per notizie quasi a ogni minuto e si recava ella medesima in seminario di mattina, durante il