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peraltro. Era di estate, il sole bruciava e mammà temeva per lui le brutte sorprese d'una meningite.

— Povero bébé - Vanna gli disse affettuosamente scherzosa, ed egli la guardò felice, le rivolse cogli occhi un ringraziamento di sommessione.

Ermanno frattanto esponeva un suo concetto. A lui, fin dai primissimi studi, piaceva immaginare la storia attraverso l'opera della cazzuola che edifica e del piccone che abbatte. Un popolo antichissimo fabbricò una tomba; sopra le rovine della tomba un altro popolo antico edificò più tardi un tempio grandioso; più tardi ancora un altro popolo antico vi costruì sopra un palazzo e al disopra delle vôlte di tale palazzo sorsero umili casette abitate nelle tristissime epoche delle decadenze, da umili creature; poi si comincia il cammino inverso: il piccone abbatte le casupole, una torre del palazzo s'indovina, e allora si scava, finchè appaiono le colonne del tempio; si scava ancora e la tomba viene al sole coi mucchietti delle bianche ossa, coi rozzi utensili arrugginiti. Questo dava a Ermanno il senso della continuità della razza, gli trasfondeva in cuore consapevolezza di non sentirsi transitorio e isolato. A distanza d'infinite generazioni, gli umani potevano ritrovarsi e riconoscersi.

Serena ascoltava attonita, intenta.

— Come le formiche nelle loro buche - ella disse con peritanza insolita e arrossì di piacere quando Ermanno, che non badava a lei, confermò: