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Vanna lo riprese con molta severità:

— Non c’è nessuno al mondo che non commetta nessun peccato. Iddio segna tutto, misura tutto; il più piccolo pensiero, la mancanza più lieve, e poi ci castiga in questa vita e nell’altra.

Ermanno fu preso da grave sgomento al suono di tali parole e l’immagine del Signore gli si presentò alla fantasia come di uomo straordinariamente vecchio e nerboruto, con barba inverosimilmente copiosa e bianca, con gli occhi irati e le braccia stese in avanti nell’atto di piombare sul mondo per distruggerlo.

Ma, frattanto, essi erano usciti dalla cappella ed i pensieri del bimbo avevano preso un corso giocondo, mentre le pupille irrequiete e limpide scrutavano ogni gesto di Vanna, che alla sua volta si compiaceva di tormentare alquanto il piccolino, eccitando con la sua pacatezza ostentata l’evidente impazienza di lui.

— Cosa vuoi? — ella gli disse, mal riuscendo a frenare il riso. — Perchè fiuti? Cosa cerchi? Mi segui come un cagnolino e io non ho niente da regalarti.

Ermanno esultò. Se la mamma diceva ridendo: «Io non ho niente da regalarti» voleva significare che il dono stava lì, nascosto dentro il tiretto di qualche mobile.

— Dammelo — egli supplicò — dammelo.

— Ma cosa? Io non so cosa darti.

— Il regalo. — E si aggrappava a lei, si alzava sulla punta dei piedi, eccitato, fremente, tutto vibrante per l’orgasmo del desiderio.