Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
della facciata del Duomo la varietà degli atteggiamenti e dei colori; dalle estasi ininterrotte di zia Domirò la necessità di tenere in assetto la casa e provvedere con ardite invenzioni all'allestimento dei pasti quotidiani.
Ma le più sagge e pertinaci maestre di Serena erano state le cose, ora amiche, ora nemiche, ora disposte a secondarla quando ella sapeva prenderle per il loro verso, ora di una implacabile ostilità quando ella si ostinava ad opporre la sua logica ragionatrice alla loro logica muta.
In tali casi madamigella Serena non cedeva facilmente, e diventava violenta; batteva sul tavolo con ira una vecchissima tazzina, la quale non voleva tenersi in piedi, e la tazzina malvagia andava in frantumi, ferendole una mano; dava calci al gomitolo di fil di seta, rotolante dal panierino, ed il gomitolo invece di ubbidire correva a rimpiattarsi sotto i mobili e il filo si aggrovigliava intorno alle gambe delle seggiole; sbatteva forte in terra, nei giorni di cattivo tempo, l'ombrello che non si voleva aprire, e l'ombrello dispettoso si apriva di scatto e poi di scatto si richiudeva per il gusto d'impigliarsele intorno al cappello, ond'essa, piangendo di rabbia, doveva camminare così per le vie di Orvieto, dove anche i muri la conoscevano e dove anche i muri dicevano, parlando di lei con ironica affettuosità: «Che originale ragazzina!»
A poco a poco peraltro, Serena, ammaestrata dalle proprie sventure, ad essere più giudiziosa